Padre Lombardi intervista Ioannis Kourempeles

Ioannis Kourempeles

(23/11/16) Nell’approssimarsi della cerimonia di conferimento del Premio Ratzinger, padre Federico Lombardi, presidente della Fondazione Vaticana Joseph Ratzinger-Benedetto XVI, ha rivolto alcune domande a uno dei premiati, il prof. Ioannis Kourempeles

 

Prof. Kourempeles, fra pochi giorni Lei verrà insignito del “Premio Ratzinger”, un riconoscimento importante nell’ambito della ricerca teologica. Può descriverci in breve i temi e le linee principali della sua attività nel campo della teologia?

Attualmente insegno “Teologia dogmatica e simbolica” presso la Facoltà di Teologia della Università “Aristotele” di Salonicco. Con “Teologia simbolica” s’intende la teologia relativa alle affermazioni dottrinali della Chiesa di tipo dogmatico, dunque tutti i simboli e le fonti della fede. Nell’ambito della “Teologia simbolica” mi occupo non solo della realtà dogmatica della spiritualità ortodossa, ma anche delle comunanze e delle differenze che, nell’ambito delle espressioni dogmatiche, nell’Oriente e nell’Occidente cristiano sono emerse nel corso della storia. Solo attraverso una profonda comprensione della teologia stessa, della dottrina della continuità ecclesiale, possono essere discusse le diverse correnti teologiche nel corso della storia e nei tempi più recenti. In questo senso considero la mia attività – in particolare quella all’università – come quella di un ricercatore accademico e di un docente che, con riguardo ai discenti e agli studiosi, lascia aperta la porta della comprensione teologico-scientifica che introduce allo sfondo ontologico di essa.

 

Lei ha approfondito da tempo il pensiero teologico di Joseph Ratzinger. Può spiegarci quali sono gli aspetti e i temi del pensiero di Ratzinger che la hanno impressionata più profondamente e che ha trovato più stimolanti per il suo lavoro?

Prestai attenzione alla teologia di Joseph Ratzinger sin dagli anni di studio a Heidelberg. In seguito, al mio ritorno in Grecia, ebbi la possibilità di approfondire ulteriormente il suo pensiero teologico attraverso lo studio di varie sue opere.

In seguito, entrai nuovamente in contatto con la teologia di Joseph Ratzinger quando venni nominato docente della Facoltà di Teologia della Università “Aristotele” di Salonicco, nel novembre del 2001. Infatti, alcuni seminari da me diretti, mi permisero di entrare nuovamente in contatto con la teologia di Joseph Ratzinger, approfondendo ulteriormente il suo pensiero teologico: come ad esempio il seminario su “Ecclesiologia e dialogo” che metteva al centro la Dichiarazione “Dominus Jesus”, firmata nel 2000 dal Prefetto della Congregazione per la Dottrina della Fede Joseph Ratzinger, insieme anche ad altri documenti relativi a correnti teologiche del XX secolo. Un’occasione particolarmente propizia di confrontarmi con la sua teologia si presentò allorché il Dr. Stefanos Athanasiou, assistente scientifico presso la Facoltà di Teologia dell’Università di Berna, nel suo lavoro di conclusione di un master trattò il tema “La cristologia di Joseph Ratzinger”. A quel tempo mi occupavo intensamente dei lavori teologici di Joseph Ratzinger, ed ora mi si presentava l’opportunità di far dialogare profondamente l’espressione cristologica della sua teologia con le mie proprie conoscenze storico-dogmatiche. A quel tempo rimasi particolarmente impressionato dal suo così detto “Discorso di Ratisbona” che è un inno al Dio-Logos e un canto alle capacità del nostro logos umano non appena ci apriamo al Dio-Logos che ama. Trovai profondamente deplorevole il modo ingiusto con cui quel discorso fu trattato e anche la critica, spesso poco teologica, di quell’espressione della teologia di Joseph Ratzinger che i mezzi di comunicazione tentarono di presentare non considerando criteri teologici. Considerai quella un’ulteriore, grande opportunità di costruire ponti, per mezzo della cristologia di Joseph Ratzinger, tra la teologia orientale e quella occidentale: perché la teologia del Logos di Ratzinger è inscindibilmente legata alla ricerca della verità del dogma di Calcedonia. In tal modo egli potrebbe essere definito come neo-calcedoniano che presenta l’ecumenicità dell’essere cristiano inserendola in un dibattito teologico autentico. Su questo punto a quel tempo scrissi un ampio saggio, apparso tra l’altro anche in greco (contenuto nel mio volume Logos der Theologie, vol. 1) nel quale esposi più approfonditamente questa posizione.

 

Sappiamo che Lei negli anni scorsi ha partecipato a un importante incontro del “Neuer Ratzinger Schuelerkreis”, cioè della nuova Cerchia di studiosi e ricercatori che si è costituita intorno al comune interesse per l’opera di Joseph Ratzinger. Può dirci se sta coltivando o se prevede di coltivare nuove ricerche – personali o in collaborazione con altri studiosi – che siano ispirate o arricchite dal pensiero di Joseph Ratzinger?

Ho un ricordo molto bello dell’incontro con il “Neuer Schülerkreis” nel corso del quale ebbi l’opportunità di lavorare insieme ai teologi che ne sono membri. Il nostro incontro presso il Seminario teologico sull’isola di Halki, ma anche al Fanar, presso il Patriarcato ecumenico di Costantinopoli insieme al Patriarca ecumenico di Costantinopoli Bartolomeo – si è rivelato un incontro di straordinario valore scientifico sotto tutti gli aspetti. Ha per me un grande significato il fatto di avere avuto la grande possibilità di ascoltare la positiva replica del preparatissimo cardinale Kurt Koch al mio discorso.

Gustai profondamente il dibattito con i teologi e le teologhe del “Neuer Schülerkreis” presenti, tutti accomunati da un livello scientifico molto alto che esprimono sia nella ricerca che nel dialogo teologico. Il “Neuer Schülerkreis” possiede una dinamica orientata al futuro che può molto contribuire al dialogo teologico. Reputo particolarmente importante il fatto che il “Neuer Schülerkreis” annoveri fra i suoi membri anche due teologi ortodossi, perché questo, tra l’altro, riflette l’animus dell’opera teologica di Joseph Ratzinger e la sua peculiare natura dialogica. Le discussioni dogmatico-teologiche che si svolgono in amicizia ma anche con trasparenza e accettazione reciproca, sono un esempio di vero dialogo che deve svilupparsi sul piano della teologia scientifica (e della scienza teologica) ma anche sul quello dei rapporti umani.

Uno dei teologi ortodossi dello “Schülerkreis” è il Dr. Stefanos Athanasiou. Sono stato relatore della sua tesi di dottorato. Oggi, insieme a me, è responsabile di un progetto che intende presentare come lavoro post-dottorale presso la Facoltà di Teologia di Salonicco. Il tema del lavoro è: La critica al relativismo in Joseph Ratzinger. È un progetto che ancora una volta mi offre la possibilità di rimanere in contatto con la teologia di Ratzinger. Ma oltre a questo sono molto curioso di vedere quali altri progetti si svilupperanno in futuro con riguardo alla sua teologia. In questo senso, sono del tutto aperto e disponibile ad ogni tipo di collaborazione teologica, affinché la musica del “Mozart della teologia” non venga ascoltata solo in sale al chiuso perché è una teologia che celebra la liturgia dell’ascolto come partecipazione alla “Theo-logia” sempre viva.

 

Joseph Ratzinger ha sempre nutrito la sua riflessione con una profonda conoscenza del pensiero dei Padri della Chiesa. Anche le sue omelie e le sue catechesi per il popolo hanno molto contribuito alla diffusione della conoscenza dei Padri fra i fedeli. Pensa che questo sia uno dei motivi dell’interesse per la teologia di Ratzinger da parte degli orientali, che hanno sempre avuto un altissimo apprezzamento per i Padri?

Penso che in ogni caso abbia un peso. Ratzinger, con il suo amore per i Padri greci in particolare, ha spesso utilizzato un linguaggio che è molto familiare alle cerchie teologiche ortodosse. Ma non si deve anche dimenticare che, grazie ai suoi “contatti ortodossi” presenti già dai tempi dell’Università egli ha spesso avuto l’opportunità di confrontarsi con teologi ortodossi sulla teologia dei Padri e di integrare le diverse prospettive degli assiomi dei Padri nella sua critica delle odierne correnti teologiche.

Ratzinger, dunque, ha evidenziato l’importanza della teologia dei Padri anche per il nostro tempo; e questo in un momento in cui nel mondo ideologico greco è presente una “teologia” senza nerbo che ha cercato di esercitare in particolare un influsso relativistico e, senza successo, di propagare una teologia post-patristica senza veri argomenti teologici.

Credo che la teologia dei Padri della Chiesa rappresenti oggi la fonte dell’odierna teologia e del nostro ricco patrimonio cristiano. Essa mostra la vita dei santi all’interno della vita di Cristo, come autentico esempio del vivere nell’amore di Dio, non nello pseudo-amore dell’uomo relativizzante e diviso. Su questo punto ho trovato in Ratzinger/Benedetto XVI un alleato di spiritualità cristiana, che si distanzia dalla teologia de-spiritualizzante di una postmodernità solo apparentemente progressiva, una teologia che non coglie “l’unica vera rivoluzione” del divenire uomo di Dio e il significato soteriologico di essa in ordine all’umano nel suo complesso; trascurando così la vera ecumenicità e la sua ontologia.

Noi, sia in Oriente che in Occidente, dovremmo riconoscere e cogliere teologicamente “l’opportunità Ratzinger”. Penso che il teologo Joseph Ratzinger abbia rinvenuto il nerbo principale della teologia; ma non per ferirlo, quanto per custodirlo come significativo per i tempi moderni. Così, le giovani generazioni, gli amanti della teologia, troveranno un luogo e spazio per il dibattito teologico, nel quale non si lasceranno segnare pessimisticamente da una limitazione della teologia nei tempi moderni.