I 90 anni di Benedetto XVI in dieci immagini

Di Darío Menor

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Città del Vaticano, 12 aprile 2017 – Il 16 aprile Benedetto XVI compie 90 anni. Padre Federico Lombardi, direttore della Sala Stampa della Santa Sede dal 2006 al 2016 e dal 1° agosto presidente della Fondazione Vaticana Joseph Ratzinger – Benedetto XVI, analizza per la rivista spagnola Vida Nueva la sua eredità come teologo, cardinale, vescovo di Roma e Papa emerito attraverso 10 momenti che hanno segnato la sua vita e quella della Chiesa.

 

1.      Un tedesco alla guida della Dottrina della Fede

Come ricorda il periodo di Ratzinger quale prefetto?

A dire il vero non ho avuto praticamente nessun rapporto diretto con il Card. Ratzinger quando era Prefetto della Congregazione per la Dottrina della Fede, quindi non ho esperienze da raccontare. Ma dal 1991, come Direttore dei Programmi della Radio Vaticana, naturalmente seguivo la sua attività con attenzione. Ho avuto sempre una grandissima stima di lui fin da quando ero studente di teologia in Germania (1969-73) e lui era un brillante professore. La lettura di “Introduzione al cristianesimo” mi aveva profondamente impressionato, diciamo pure entusiasmato. Mi è sempre sembrato un teologo che rifletteva su una fede vissuta e manifestava una spiritualità profonda e sincera. Ammiravo la sua chiarezza e mi è sempre apparso molto equilibrato nei suoi giudizi e nelle sue posizioni. Ero convinto che Giovanni Paolo II avesse fatto un’ottima scelta chiamandolo a guidare la CdF e che i due insieme, Giovanni Paolo II come Papa e Ratzinger come Prefetto della CdF, costituissero una “accoppiata formidabile”. Anche quando prendeva delle posizioni che suscitavano opposizioni e critiche (teologia della liberazione, Dominus Iesus…) ero convinto che lo facesse per il bene della Chiesa, mi fidavo di lui e ammiravo il suo coraggio. Considero il “Catechismo della Chiesa Cattolica” una grande impresa e un grande servizio al popolo di Dio. Penso che difficilmente questa impresa sarebbe arrivata in porto senza la sua capacità e il suo gusto di pensare ordinatamente e di parlare con chiarezza, la vastità della sua cultura teologica e la sua volontà di servire la comunità della Chiesa. Ho anche molto ammirato la sua personale devozione nel servizio del Papa Giovanni Paolo II, ad esempio quando ha esercitato la sua finezza teologica nel leggere e interpretare alcuni testi molto particolari, come nella sua bellissima Presentazione al “Trittico Romano” e soprattutto nella Presentazione del “Terzo segreto di Fatima”, che dubito fosse esattamente “del suo genere”.

2.      Il Conclave

Pensava che Ratzinger sarebbe potuto diventare il successore di Giovanni Paolo II? Quando e come le chiesero di assumere la guida della Sala Stampa vaticana?

Ricordo bene quel Conclave, anche se non ero ancora Direttore della Sala Stampa ma ero Direttore della Radio Vaticana e del Centro Televisivo Vaticano. La morte di Giovanni Paolo II fu un evento mondiale ed estremamente coinvolgente. In quel mese indimenticabile il ruolo del card. Ratzinger si manifestò come estremamente rilevante perché era il Cardinale Decano del Collegio cardinalizio. Doveva quindi guidare le Congregazioni dei Cardinali in preparazione al Conclave, presiedere la grande Messa delle Esequie e quella Pro eligendo Romano Pontifice, immediatamente precedente il Conclave, e lo fece con grande autorevolezza e serena padronanza della situazione, pronunciando omelie indimenticabili. La sua personalità si manifestò come quella non solo del grande teologo e dell’intelligenza superiore, ma anche della guida saggia e sperimentata, che si muoveva ad un livello al di sopra di ogni parte. Se si aggiunge la fiducia che aveva riscosso da parte di Giovanni Paolo II, la sua vasta esperienza della Chiesa universale e la conoscenza della Curia romana, confesso che la sua elezione non mi stupì per nulla, anzi forse mi sarei stupito se avessero eletto un altro. Per quanto riguarda invece la mia nomina alla Direzione della Sala Stampa, devo dire che mi colse totalmente di sorpresa. Avevano cominciato a circolare alcune voci, ma non le avevo prese per nulla sul serio. Mi sembrava di avere già abbastanza da fare – anzi troppo – con la Radio e il Centro Televisivo e non mi ero assolutamente immaginato che si potesse pensare a me – che sono una persona tendenzialmente riservata – per questo compito molto “esposto”, in sostituzione di un uomo molto esperto e certamente ricco di grandi doti nel campo delle relazioni pubbliche e nel mondo giornalistico come Navarro Valls. Tuttavia io ero effettivamente già inserito da 15 anni nel mondo delle comunicazioni vaticane, quindi conoscevo abbastanza bene il Vaticano e i Superiori conoscevano me; naturalmente conoscevo anche un discreto numero di colleghe e colleghi giornalisti; mi arrangiavo con alcune lingue; avevo vissuto con pazienza e senza spaventarmi un tempo di rapporti difficili con la stampa durante gli attacchi contro la Radio Vaticana per il cosiddetto “inquinamento elettromagnetico”… Insomma, forse apparivo come la soluzione più semplice, economica e immediatamente disponibile, “a portata di mano” e senza rischio di sorprese, per il problema tutt’altro che facile della sostituzione di un uomo capace come Navarro, che aveva occupato brillantemente il posto per oltre vent’anni. Ricordo che il Card. Sodano, Segretario di Stato, me ne parlò la prima volta in occasione di un colloquio che gli avevo chiesto per trattare di tutt’altro argomento. Lui mi disse che le voci circolate avevano fondamento; io gli dissi che naturalmente chiedevo che tale compito mi fosse risparmiato; lui mi rispose che ne avrebbe parlato con il mio Superiore Generale e che “mi preparassi a dirgli di sì”. Insomma la cosa era praticamente decisa e venne comunicata pochi giorni dopo. Io non ho mai cercato nessuna delle “missioni” che mi sono state affidate, ma non mi sono mai tirato indietro quando i miei legittimi Superiori hanno ritenuto bene di affidarmele. Poiché si era proprio all’inizio dell’estate, alla vigilia della partenza del Papa per la Valle d’Aosta, con il Papa Benedetto ebbi un bel colloquio a Les Combes, in uno scenario meraviglioso davanti al Monte Bianco. Fu gentilissimo, come sempre, e mi incoraggiò a svolgere il nuovo compito in stretta collaborazione con la Segreteria di Stato, cosa che cercai di fare. I rapporti più diretti e personali con lui erano quindi misurati in base alle necessità, ad esempio in occasione di tutte le visite di Capi di Stato o di governo – che non erano poche –, o quando chiedevo un incontro o un chiarimento particolare.

 

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